Come si effettua il test di paternità
Estrazione del DNA dal campione biologico
La prima fase del test di paternità consiste nell'estrazione del DNA dai campioni biologici prelevati per l'esame e viene eseguita mediante l'impiego di protocolli riconosciuti ed approvati in ambito scientifico.
Nel DNA risiede l'informazione genetica che presiede alla sintesi delle proteine che organizzano le cellule. Il tratto di DNA che contiene un'informazione genetica viene definito gene, e la sua localizzazione sui cromosomi viene definita locus (plurale loci).
Forme alternative dello stesso gene vengono definite alleli. Un gene che mostra più alleli viene definito polimorfico. Per ogni locus, un individuo eredita un allele dalla madre e un allele dal padre; se gli alleli ereditati sono uguali, l'individuo è omozigote, se sono diversi, l'individuo è eterozigote.
La derivazione del profilo genetico di un individuo implica la determinazione degli alleli presenti in determinate regioni (loci) del DNA altamente polimorfiche.
Determinazione del profilo genetico
La determinazione del profilo genetico di un individuo comporta la genotipizzazione di 24 regioni del DNA (loci) altamente polimorfiche in lunghezza, variabili da individuo ad individuo, conosciute come regioni Microsatelliti o STR (Short Tandem Repeat).
L'analisi dei microsatelliti viene condotta mediante una reazione enzimatica di amplificazione del DNA, conosciuta come Polymerase Chain Reaction (acronimo: PCR), che consente di amplificare in vitro una specifica regione del DNA copiandola in varie fasi successive, fino ad ottenerne milioni di copie.
In pratica, considerando la molecola del DNA come un grosso libro e le regioni Microsatelliti (STR) del DNA come una pagina di questo libro, con la metodica di PCR si "fotocopia" milioni di volte questa pagina, fino ad ottenerne una quantità idonea per l'esecuzione dell'esame.
Dopo la reazione di amplificazione enzimatica il profilo genetico viene determinato automaticamente mediante l'impiego di un sequenziatore automatico a tecnologia fluorescente.
I frammenti di DNA amplificati sono quindi separati per dimensione; il risultato che si ottiene assomiglia a un codice a barre, in cui ogni allele è una barra e la differenza di dimensione fra alleli diversi è rappresentata da una distanza variabile fra le barre. Il risultato che si ottiene mediante l'analisi di un ipotetico locus è rappresentato nello schema sottostante.
Nel grafico
ESCLUSIONE, il figlio oggetto di indagine presenta delle caratteristiche genetiche (alleli), evidenziate in rosso, che non vengono riscontrate nel profilo genetico del presunto padre; quest’ultimo, quindi, non può essere considerato il padre biologico (esclusione di paternità).
Al contrario, nel grafico
ATTRIBUZIONE, il padre presunto presenta nel suo profilo genetico le caratteristiche genetiche (alleli), evidenziate in verde, trasmessi al figlio e quindi può essere considerato il padre biologico (attribuzione di paternità).
La probabilità di paternità dipende dalla frequenza degli alleli paterni (alleli riscontrati nel padre che sono stati trasmessi al figlio) nella popolazione di riferimento. Attualmente, la determinazione del profilo genetico di un individuo si basa sull'analisi di un numero di loci polimorfici sufficiente per ottenere una probabilità di paternità superiore al 99,999%.